12 agosto 2010

LETTERATURA CICLISTICA D'ANTIQUARIATO

_________________Edizione francese anno 1869

Ecco una vera rarità letteraria ciclistica. Si tratta del primo romanzo pubblicato al mondo che ha per oggetto "il Velocipede".
"Le Tour du Monde en Vélocipède" - Librairie de la Publication - Paris 1869 - par Le Grand Jacques - illustrations par Felix Regamey - pagg.270
Lo scrittore Richard Lesclide, redattore capo della rivista "La Vélocipède illustré" firma questo romanzo con lo pseudonimo Le Grand Jacques.
La rivista pubblicò il romanzo come appendice dal gennaio 1870. Richard Lesclide diventò poi segretario di Victor Hugo e nel 1869 organizzò la Paris - Rouen di 123 Km. vinta dall'inglese James Moore.
Il romanzo racconta la preparazione e il diario di viaggio in velocipede di quattro esploratori due donne e due uomini da Parigi-Nijnie-Novogorod-Sibérie, dal 7 novembre 1867 al 22 dicembre 1867.
Questo l'incipit: "Ci voleva veramente in quel buonissimo cuore di Gionata Shopp una ostinazione indomabile, onde, nei giorni di sua creazione, il velocipede avesse il suo martire."
La descrizione della "nuova macchina" è dettagliata:"....il sedile del vostro velocipede e le sbarre di sospensione saranno in argento dorato, a poco più di 1/10 di lega, ciò che renderà queste più resistenti del metallo di zecca...daranno all' "apparecchio" una perfetta elasticità. I mozzi delle ruote saranno di acciaio di Norvegia, foggiati dopo la tempra secondo i nuovi processi premiati all'ultima esposizione" (Parigi 1867).
Fu infatti all'Expò di Parigi di quell'anno che il velocipede ebbe la sua definitiva consacrazione.
La prima edizione italiana del romanzo venne alla luce nel 1877 per i tipi "Carlo Simonetti" Editore in Milano - pagg.315
Solo nel 1896 Emilio Salgari scrisse "Al Polo Australe in Velocipede" che lasciava intravedere la possibilità per tutti di scoprire il mondo in bicicletta.
La prossima volta.

Paolo Amadori

____________________dalla edizione francese
____________________dalla edizione francese
___________________dalla edizione francese

____________________Edizione italiana 1877
____________________Edizione italiana 1877





5 maggio 2010

Bartali 10 anni fà, viva Bartali

Ricevo e pubblico.

Cinque MAGGIO 2000

Ei fu. Siccome mobile
per tanta pedalata
passò l’anima mitica
la soglia tribolata,
così per niente tacita
l’Italia al nunzio sta'.

Canta le lodi ultime
al Gino nazionale,
né sa quando un simile
bel colpo di pedale
le sue montagne splendide
ad esaltar verrà.

Dal Rolle alla Scoffera,
dal Galibier al Ghisallo,
quel gran securo al rosa
fece seguire il giallo.
Trionfò nelle Saneremo,
sui monti di Briancon.

Fu vera gloria? I posteri
non dovran dar sentenza,
bensì chinar la fronte
a Dio e alla sua potenza
che volle in bicicletta
più vasta orma stampar.

Oh, quante volte àfono
narrar se stesso imprese...
Senz’altro anche nell’ésito
i suoi ricordi accese
e dei giorni che furono
lo assalse il sovvenir.

Pensò alle balze ripide,
alle volate impàri,
ai lampi dei fotografi,
all’ombra dei gregàri
e al timido gregario
che Fausto diventò.

Coppi arrivò. Due uomini
un contro l’altro armati
divisero l’Italia
dal tifo frastornati.
La morte or li accomuna
nel nostro gran dolor.


Carlo Delfino

2 maggio 2010

Rudi Altig e la sua Sanremo del 1968


Con questa Bianchi Rudi Altig vinse la Sanremo del 1968 per i colori della Salvarani.

Nell' intervista disse: " Una vittoria come questa vale da sola un'intera stagione e anche di più. Direi che una vittoria in una Milano-Sanremo sia da considerare più importante di una vittoria ottenuta al campionato del mondo".

Altri tempi, altri modi di concepire il ciclismo. Si aspettava la Sanremo con un'ansia particolare perchè era il primo grande impegno di stagione.

Restauro conservativo eseguito da Gabriele Bocchi - Bici vintage Parma

Misura 57 cm. da centro a fine pipa

Cambio Campagnolo Nuovo record, pignoni 5v, catena Brampton

Campagnolo strada 53-42, pedivelle 170 mm., pedali Campagnolo acciaio-alluminio


Sterzo speciale Bianchi reparto corse



Sella Cinelli Unicanitor, reggisella Campagnolo molto più lungo del normale



Manubrio Ambrosio Champion in alluminio, freni Universal mod.51 in duralluminio



Pipa Ambrosio marcata Bianchi



Cavi del cambio Campagnolo




Ruote 36 fori, mozzi Bianchi corpo in acciaio flangia in alluminio ant. 42 mm. post. 52 mm., raggi Stella incrociati in terza legati e saldati all'incrocio 305 mm., cerchi Nisi, tubolari Clement 29 mm.



di Paolo Amadori



15 aprile 2010

Il Campionissimo e la sua Bicicletta

Questa bicicletta è stata trovata nel 1969 nella cantina della villa di Fausto Coppi a Novi Ligure.Costruita alla fine del 1945 nel Reparto Corse Bianchi dal telaista Valsassina. Misura del tubo piantone cm. 60 da centro a fine. Misura del tubo orizzontale 57 cm. da centro a centro.


Copenhagen 1949 - Campione del Mondo inseguimento

Negli anni quaranta il Reparto Corse Bianchi per ottenere leggerezza nel ruotismo della bicicletta per corse su pista, elaborò alla sua pedivella destra in acciaio a cinque viti, un particolare ingranaggio in lega speciale fornitogli dalla casa inglese BSA con dentatura a passo Humber 25 denti. Pedivelle Bianchi 171 mm. scanalatura interna. Perno centrale del 1938 con particolare lavorazione per alleggerimento.

Mozzi Bianchi in acciaio, flange basse in alluminio. Rocchetto a 7 denti controanello in lega. Raggi Bianchi gauge 14 saldati all'incrocio. Cerchi Clement in legno speciale 36/40 fori. Catena Regina.

Manubrio in acciaio cromato larghezza 44 cm. Attacco manubrio Bianchi a espander lunghezza 95 mm. circonferenza 24 mm.

Calotte sterzo integrate Bianchi.

Tubo sella in lega 25 mm. con fine corsa, bullone reggisella sul retro. Sella Brooks del 1949 usata da Fausto Coppi. Rapporto 25x7 (50x14) sviluppo 7,62 Peso 8,8 Kg.


IN PUNTA DI PIEDI


Alcune biciclette d'epoca sono rivestite di un alone magico per il tocco del Campione che le ha spinte oltre il traguardo e le ha rese una sorta di "oggetto del desiderio" che trasmette ancora sensazioni ed emozioni e che il tempo non può cancellare. Ci si immerge nel periodo d'oro del ciclismo, che esaltava le folle trasmettendo forza e speranza. Sono biciclette bellissime, regine di un mondo fantastico, le loro particolarità le rendono uniche, diverse da tutte le altre.

La loro ricerca genera eccitazione ma anche rispetto, è come stare in punta di piedi, giacchè si entra nell'anima dell'uomo e del Campione, con commozione e timore reverenziale.

Forse non si tratta neppure di collezionismo, in fondo questi oggetti al pari dei sentimenti, non hanno prezzo.

di Paolo Amadori

10 aprile 2010

Tano Belloni

L'amico e scrittore Carlo Delfino ha terminato l'ultima fatica assieme a Giampiero Petrucci, su di un'altra bella figura di campione del ciclismo eroico.

Arriva maggio; ritorna come tutti gli anni il Giro d’Italia.
L’anno scorso, 2009, in occasione della ricorrenza centenaria si sprecarono i libri che andavano alla ricerca del ciclismo storico ed eroico dei pionieri. Quest’anno non ne parlerà più nessuno del caro vecchio Giro….e dei suoi anni migliori…
QUALE OCCASIONE PIU’ PROPIZIA PER RICORDARE QUINDI, LONTANO DA CASSE DI RISONANZA E MOMENTI D’OCCASIONE, un protagonista del bel ciclismo di un tempo?
E’ pronto, fresco di stampa, un lavoro dell’ormai noto duo Delfino-Petrucci, studiosi di storia del ciclismo, su il misconosciuto Tano Belloni, corridore degli anni venti, noto soprattutto ai rari cultori come “eterno secondo”.
Il libro edito dal FIORINO di Modena si intitola appunto “TANO, LA BUSCA!” Il ciclismo di Tano Belloni, “eterno secondo” che sapeva vincere.
La prefazione di Claudio Gregori impreziosisce il lavoro.

Balza subito agli occhi il titolo del libro quantomeno singolare: perché LA BUSCA? Ce lo spiegano gli autori.
“….Belloni in gioventù ha il vezzo di correre con il fazzoletto in bocca. In seguito per soddisfare il suo desiderio fremente di avere qualcosa tra i denti, usa una cordicella arrotolata attorno al collo la cui estremità viene masticata.
Questo suo comportamento che all’inizio desta ilarità, complici gli ottimi risultati che riesce a conseguire, diventa un corollario indispensabile al suo “essere corridore”.
Al velodromo Sempione di Milano, Belloni trova molti estimatori per la sua generosità. Però, quando i tifosi lo vedono senza questa sorta di collana, lo apostrofano bonariamente urlandogli a gran voce : “ Tano, la busca! “. Busca infatti in milanese significa pagliuzza e Belloni accontenta il pubblico; entra sul prato in maniera istrionica, stacca un filo d’erba particolarmente lungo e se lo infila tra i denti. L’applauso scatta fragoroso. Tano è pronto per un’altra sfida…..”

Nato a Pizzighettone nel 1892, da fanciullo rischiò di morire annegato in Adda. Quando i suoi si trasferirono a Milano si dedicò in principio allo sport della lotta libera. Ballerino formidabile ed eccelso giocatore di carte e biliardo, fu grande protagonista del ciclismo di tempo di guerra (ricordiamo che Tano non fece il militare perché da ragazzo si amputò due falangi al tornio…) ma trovò ben presto sulla sua strada il primo Campionissimo: Costante Girardengo che, nonostante fosse un grande amico, lo batté spesso (da qui il soprannome). Tuttavia la sua carriera fu brillante e Tano trovò spazio anche all’estero dove ottenne successi importanti. Corridore completo anche in pista e anche nel ciclocross, non fece fatica ad imporsi nelle Sei Giorni d’oltreoceano. Ma una parte notevole della sua vita ciclistica si estese al dopoguerra con la sua presenza costante ed estrosa al seguito delle corse professionistiche e al Vigorelli di Milano di cui fu per una trentina d’anni il direttore.

Il libro è di 160 pagine con un centinaio di foto significative e lo si può richiedere all’Editore Il Fiorino Modena

24 marzo 2010

LA BICICLETTA ROSSA


In alto - Ciclo "Balilla" della ditta Giordani di Bologna - Primi anni '30 - telaio stampato
Veniva costruito anche con il sidecar laterale. Era il piu' bel regalo dell'epoca
In basso - Bici marca "Colibrì" - anni '30 - ruote da 14" pollici - cerchi in legno
freno tampone anteriore





Bici "B.s.a." da bambina - anni '30 - ruote 18" pollici
freno anteriore e posteriore rigidi ad asta.







Bici da Bimbo anni '30 - ruote 18" pollici
freno anteriore e posteriore rigidi ad asta


In alto - Bici "Gloria" da bambina - anni '40 - ruote 18" pollici - cerchi in legno
freno anteriore e posteriore rigidi ad asta
In basso - Tandem bimbo/bimba - anni '40 - ruote 18" pollici - cerchi in legno
freno anteriore e postariore rigidi ad asta






Bici anni '50 - ruote 12" pollici







Mod.800 - metà anni '60 costruito dalla Ditta Aurelia
di Borgo s.Dalmazzo (Cn) - la ruota posteriore è in gomma piena nera





In alto - Bici corsa della Giordani - metà anni '60 - gomme piene
In basso - Bici corsa "Bianchi" - fine anni '70 - ruote 21" pollici - cambio 3 velocità


La bicicletta oggi come ieri rimane il regalo più desiderato dai bambini.
Dopo la conquista dei primi passi, lo stare in equilibrio su di una biciclettina, rappresenta una piccola sfida alla legge di gravità la quale non impedisce di spostarsi speditamente senza toccare i piedi a terra.
La ricerca dell’equilibrio è la prima piccola conquista dello spirito umano, segno d' indipendenza e fonte di gioia.
Le case produttrici di biciclette fin dai loro inizi costruirono bici per bambini.
Erano miniature di quelle da adulti talmente perfette da non poterne non rimanere incanti.
E certamente lo erano loro, i bambini.
Queste mie biciclette del periodo: dagli anni ’30 alla fine degli anni ’70 sono ora al "Museo del Ciclismo" di Sergio Sanvido a Cesiomaggiore provincia di Belluno.
Se tornassimo indietro nel tempo e chiedessimo ad un bambino di che colore vorrebbe la bicicletta, la sua risposta sarebbe una sola: rossa.
Paolo Amadori

1 marzo 2010

IL PRIMO VOLO DELL'AIRONE




Il 2 gennaio di cinquant’anni fa si spegneva il più grande campione di ciclismo di tutti i tempi.
Ma per noi è Fausto Coppi è ancora vivo. Ha novant’anni e abita nei nostri cuori e nei sogni di ogni ragazzo che sale su una bicicletta.
E’ per questo che più che la commemorazione della morte (l’Africa, la malaria, l’agonia, l’imperizia dei medici… di questo parleranno tutti…..) vogliamo raccontare la “nascita” del Campionissimo. Vogliamo raccontare quel Giro d’Italia 1940 che vide l’affermazione di un giovane appena ventenne, contro tutti i pronostici e contro gli unanimi pareri degli esperti.
Vogliamo raccontare anche di quei campioni che, pur nella semplicità e nella modestia, seppero coinvolgere le folle infinitamente più di qualsiasi altro evento sportivo.
Vogliamo ricordare i protagonisti di quel Giro d’Italia; una teoria di facce piene di fatica, di gioventù; schiette facce “da ciclismo”, ricche di vigore, sincerità e correttezza. Per gli italiani dell’epoca rappresentarono un fulgido esempio di rettitudine e moralità, il fiore di una generazione presto perduta nei gorghi maligni e venefici di una guerra assurda voluta dall’Impero del Male. Per l’Italia degli anni Trenta quei meravigliosi giovani che vissero con la speranza nel cuore e con le ali ai pedali furono stimolo alla voglia di sognare che, purtroppo, fu ben presto annichilita dal tragico conflitto che si andava apparecchiando. Infatti, per un centinaio di giovani che si apprestavano all’annuale cimento sportivo più importante d’Europa, tanti altri, molti di più, anzi troppi di più, si armavano e venivano spinti ad un’era di guerra, di violenza e di prevaricazione: epoca in cui una forza ottusa ed intollerante doveva dominare sul libero mondo delle idee e del dialogo.
Il Giro agonisticamente si mette subito male per la Legnano del direttore sportivo Eberardo Pavesi: Bartali cade nella discesa della Scoffera e si infortuna gravemente. Pare che non sia più in grado di proseguire. Ma la grinta agonistica del toscano prevale sui cerotti e la sua corsa continua. Sale allora in cattedra un coequipier di Gino, il cremonese Pierino Favalli il quale prende la maglia rosa. Poi gliela strappa di dosso lo scalatore torinese Enrico Mollo dell’Olympia, ma, inopinatamente, con la regia di un Gino Bartali a mezzo servizio ma più che mai uomo squadra, un giovanissimo segaligno e timido, dalla faccia aguzza e dal sorriso timoroso, quasi diventa un gigante e conduce a Milano un “Giro” che si rivela interessantissimo, incerto e combattuto: un “tutti contro tutti” dalle mille sorprese e verità.
Coppi, l’ancora sconosciuto Fausto Coppi, si erge a vincitore, sorprendente ma meritevole. Il suo è il successo inaspettato di un ragazzo, quasi di un “cucciolo”, la vittoria di un campione ancora in fieri: il primo, grande, volo di un meraviglioso “Airone” Ma, come ricorda la “Gazzetta” nel giorno del trionfo, è pur sempre e principalmente un “coscritto” e tanto basta per capire in che clima sta vivendo lo sport, ma in generale tutta una nazione, anzi un intero continente. Fatto quanto mai emblematico, il giorno seguente la conclusione di quel “Giro”, l’Italia entra in guerra: la Storia, la nostra Storia, non sarà più quella di prima. L’Italia, la nostra Italia, morirà ma, splendida Araba Fenice, saprà risorgere dalle sue macerie e dalle sue ceneri.

In questi ultimi anni il clima in cui si muove il ciclismo del Duemila non è così drammatico ma è altrettanto sconcertante e amaro. Il “fenomeno doping” e l’insipienza dirigenziale sta martoriando ed uccidendo il ciclismo quasi come i bombardamenti e quasi come una guerra, una tragica e stupida guerra.
Ma come miracolosamente successe per l’Italia al termine della “Seconda Guerra Mondiale”, ci aspettiamo tutti, prima o poi, una vera, autentica rinascita.


Carlo Delfino


Il libro IL PRIMO VOLO DELL’AIRONE
di Carlo Delfino e Giampiero Petrucci
248 pagine più di 150 immagini in buona parte inedite
Edizioni BradipoLibri Torino